Il Lean Accounting e il Mondo Universitario

Intervistiamo il Prof. Roberto Chiavaccini, docente di Economia e Organizzazione Aziendale presso L’Università di Pisa, sul tema del lean Accounting.

Prof. Chiavaccini, innanzitutto quali sono gli aspetti del L.A. che più la colpiscono?

 La semplicità. In pratica è come tenere la contabilità di aziende monoprodotto (i Value Stream): in tal caso Contabilità Finanziaria e Gestionale concidono in quanto sono sufficienti imputazioni in base al tempo (del tipo process costing) non essendo generalmente necessarie specifiche imputazioni per competenza. Solo in qualche caso può essere necessaria l’imputazione diretta delle materie prime (del tipo operation costing) ad esempio in aziende che lavorano per commessa.

 La certezza. Non esiste più la scarsa oggettività delle imputazioni dei costi indiretti come nei sistemi tradizionali (base multipla, centri di costo) o la necessità dei costi e della complessità di sistemi più modeni e oggettivi come il TDABC (Time Driven Activity Based Costing)

 La completezza. È un sistema che ben si inserisce nel moderni sistemi di Controllo ad Indicatori multipli (non solo contabili) sia Lagging come, ad esempio, quelli della contabilità finanziaria sia Leading come, ad esempio, quelli di capacità disponibile

A suo giudizio che cosa ha di diverso e di migliore rispetto alla tradizionale metodologia basata sui costi standard di prodotto?

Il costo standard di prodotto presenta almeno tre problemi:

o È un’informazione “preventiva” anche se ottenuta con tecniche progettuali sofisticate ma, come ognuno ben sa, “di doman non c’è certezza” soprattutto quando …. il doman è a 12 mesi.

o È un’informazione costosa in quanto, come detto, ottenuta dopo un lungo processo di calcolo e, quindi, quasi mai aggiornata in base agli eventi effettivi ovvero quasi sempre obsoleta.

o È il tipico costo che, tramite il Budget e l’analisi delle varianze, viene imputato ai diversi responsabili. A parte la precedente osservazione sull’obsolescenza si può ritenere, prendendo a prestito la nota affermazione di Jack Welch (CEO di General Electric) , che l’uso degli standard per misurare, premiare e punire dei responsabili rendano tali costi poco realistici.

Il L.A. permette di superare i precedenti problemi e di tener sotto controllo l’azienda in modo tempestivo e poco costoso utilizzando i costi/ricavi preventivi per quello che sono ovvero delle informazioni di massima in base alle quali prendere in tempo “ragionevoli” decisioni gestionali.

Ritiene che il L.A. sia applicabile solo alle aziende che hanno completato la trasformazione snella nelle operations o che possa in tutto o in parte applicarsi anche alle altre?

I Value Stream sono processi End to End che vanno dal cliente (desideri, ordini, ..) al cliente (progetto del prodotto, consegna dell’ordine, ..). Dovrebbero avere risorse “autonome e dedicate”, in accordo con uno dei Principi base della moderna “Progettazione assiomatica”.

Nelle aziende i Value Stream possono però essere parziali ovvero sotto processi parzialmente autonomi in quanto hanno alcune risorse in comune con altri Value Stream. A tali sotto processi si può ovviamente applicare il L.A. imputando, ad esempio con il TDABC, i costi delle risorse in comune. È evidente peraltro che, se tali risorse in comune fossero molto numerose, il costo e la complessità tenderebbero rapidamente a crescere e si perderebbero i vantaggi del L.A.

In tal caso, ancor più degli aspetti dei costi e della complessità del L. A., mi preoccuperebbe l’inefficacia/inefficienza operativa per l’impossibile delega di responsabilità ai Team e agli Owner, delega che è elemento tipico e caratterizzante del Lean Thinking non a caso definito il paradigma di riferimento “dell’Empowerment Age”.

In quali contesti aziendali le sembra applicabile e in quali no?

Il Lean è un paradigma caratterizzato da principi, tecniche, best practices, ma soprattutto da una diversa mentalità. Agisce a tre livelli:

o modalità di funzionamento dei processi che dipende dal loro corretto progetto “tecnico” e dalle modalità con cui vengono gestiti

o risorse utilizzate dai processi e loro architetture (organizzative, informatiche e tecnologiche) che, come detto dovrebbero essere autonome

o Sistemi di controllo di gestione ovvero modalità di controllo orientate al Beyond the Budget, basate su: indicatori non solo monetari, riadattamento continuo e non sul raggiungimento di valori rigidi predefiniti su base annua, delega delle responsabilità verso il basso con mentalità “Empowerment Age”.

Se il contesto aziendale non è orientato dalla cultura e dalla mentalità “Empowerment Age” e si utilizzano alcune tecniche Lean solo per ridurre tatticamente i costi di un qualche sotto processo operativo, è abbastanza improbabile che si riescano a sfuttare in pieno gli evidenti vantaggi del L.A.

Quali sono a suo giudizio i principali problemi che si possono incontrare nell’applicazione del L. A.?

 Si veda il punto precedente ovvero una mentalità gerarchica della dirigenza

 Un altro aspetto che può minare l’applicazione del L.A. è il tipico conservatorismo degli organi amministrativi delle aziende più grandi e/o dei commercialisti delle aziende più piccole. Come al solito i problemi organizzativi sono più legati alle persone e alla loro cultura che alle tecnologie e allo stato delle conoscenze scientifiche.

L’università italiana ha già scoperto il Lean Accounting. Che lei sappia esistono già corsi su questa metodologia?

Non mi risulta anzi credo di essere fra i pochi a trattare, nei corsi che tengo da molti anni presso la Facoltà di Ingegneria di Pisa, il Lean Thinking. Probabilmente molti colleghi ritengono che, da un punto di vista accademico, sia più conveniente andare “oltre il Lean”. Da parte mia mi accontenterei che le aziende “entrassero” nel Lean.

Ritiene che l’attuale letteratura sul Lean Accounting sia sufficiente o che vi sia la necessità di incrementarla con nuove pubblicazioni (magari nella nostra lingua)? In questo caso su quali aspetti si dovrebbe maggiormente concentrare l’attenzione?

 Sicuramente la letteratura non è mai sufficiente. In particolare sono necessari molti più “casi d’uso” tramite i quali non solo si insegna e si impara come fare ma anche si migliorano le teorie.

 Un aspetto secondo me non ancora adeguatamente trattato da un punto di vista scientifico è il Box Score. In particolare, poiché ritengo che sia molto importante che ciascun Value Stream sviluppi una Visione e una Strategia autonome , sarebbe opportuno che il Box Score nascesse da una BSC (Balanced Scorecard) di Value Stream a sua volta collegata alla BSC dell’azienda. In tal caso il Box Score sarebbe maggiormente personalizzato sugli obiettivi strategici avendo opportuni riferimenti nelle quattro “ottiche” tipiche della BSC stessa. Senza un riferimento strategico si rischia che i benefici del sistema siano annullati da una strategia sbagliata o male applicata.

Prof. Chiavaccini, grazie per la sua disponibilità nel condividere con noi il suo punto di vista!

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